“Non sono più responsabile delle tue scelte. Non sono più responsabile delle tue conseguenze.”
Non ho aspettato una risposta. Non ne avevo bisogno. Le mie parole erano definitive.
Lentamente, con decisione, chiusi la porta. Il leggero clic della serratura fu un suono sommesso e appagante. Mi appoggiai per un attimo, in ascolto. Non si udirono discussioni, né colpi, né grida disperate dall’altra parte: solo il dolce rumore della pioggia. Se n’erano andati.
Sabato mattina, finalmente, la pioggia ha smesso. Il sole ha fatto capolino tra le nuvole, dipingendo il mondo di una luce fresca e pulita. Ho indossato il cappotto e sono andata al mercato agricolo a pochi isolati da casa mia. Era un mercato vivace ed elettrico: l’aria era piena del profumo del pane fresco e dei fiori in fiore. Ho comprato un piccolo mazzo di tulipani gialli brillanti. Erano semplici, allegri e pieni di vita.
A casa, li sistemai in un vaso di ceramica scheggiato sul tavolo della cucina, lo stesso tavolo dove un tempo avevo fissato falsi estratti conto e cercato un avvocato specializzato in frodi. Ora, solo la luce del sole e un allegro tocco di colore lo illuminavano.
Mi sedetti con un’altra tazza di caffè, senza sensi di colpa, senza scuse, senza rimpianti per le scelte che avevo fatto, solo un profondo senso di pace, una pace profonda e silenziosa che si era stabilita nel mio cuore.
A volte, andarsene non è egoismo. È sopravvivenza. E nel silenzio che segue la mia tempesta, ho finalmente capito che salvare me stesso era il dovere più grande che avessi mai compiuto. Quel dovere era finito. La mia vita era finalmente, veramente, mia.
