Piccole vittorie.
Piccoli passi.
Non ho mai saputo il suo nome.
Non si fermava mai abbastanza a lungo perché potessi chiederglielo.
Ma mi sentivo al sicuro quando lei era lì, tenuta insieme dalla forza silenziosa che portava dentro di sé come un secondo battito cardiaco.
La vita è andata avanti. Mi sono ripresa. Mio figlio è cresciuto. E alla fine, quelle notti sono svanite nell’ombra della mia memoria… o almeno così credevo.
Due anni dopo, stavo piegando il bucato mentre il telegiornale della sera trasmetteva in sottofondo. Non stavo guardando davvero, finché non ho sentito una voce familiare.
Alzai lo sguardo e la vidi sullo schermo.
Lo stesso sorriso gentile, lo stesso sguardo calmo che mi avevano trattenuto dall’abisso quando tutto minacciava di crollare.
La giornalista l’ha presentata come una volontaria che organizzava il supporto notturno per le famiglie con neonati in terapia intensiva. Una donna che lavorava turni massacranti in ospedale durante il giorno e offriva conforto a sconosciuti nei momenti più bui della loro vita di notte.
Ma poi la storia prese una piega diversa.
Il giornalista ha rivelato qualcosa che non avevo mai saputo prima:
Che il suo dolore era stato così forte da averla quasi schiacciata.
E invece di isolarsi dal mondo, scelse di avvicinarsi ad altre persone che stavano attraversando lo stesso incubo che lei stessa aveva dovuto sopportare.
Sentii un nodo alla gola.
All’improvviso tutto ha avuto senso: il fatto che fosse rimasta più a lungo del necessario, che la sua mano indugiasse sulla mia spalla mentre tremavo, che non avesse mai detto “Andrà tutto bene”, ma che in qualche modo mi facesse comunque sembrare vero.
Mi aveva dato un tipo di conforto di cui lei stessa un tempo aveva disperatamente bisogno.
Quando il post finì, rimasi lì seduta, con le lacrime che mi rigavano le guance e inzuppavano i vestiti piegati. Il ricordo di lei – la stanza d’ospedale scarsamente illuminata, la sua voce nell’oscurità – mi riaffiorò così vivido che mi sembrò di essere di nuovo sdraiata in quel letto.
In quel momento mi resi conto che non l’avevo mai ringraziata veramente.
Non con chiarezza.
Non con comprensione.
