Per sei mesi ho sopportato che il mio fidanzato e la sua famiglia mi prendessero in giro in arabo perché pensavano che fossi un’ingenua ragazza americana che non capiva niente. Non avevano idea che parlassi fluentemente l’arabo!
Mi consideravano niente più che un’ingenua americana innamorata di un affascinante uomo mediorientale. Mi chiamavano “la bionda stupida”, ridevano del mio accento e prendevano in giro i miei tentativi di imparare qualche frase in arabo per adattarmi.
Ma non conoscevano la verità.
Avevo insegnato inglese in Libano per due anni, abbastanza a lungo da imparare a parlare fluentemente l’arabo, dalle espressioni dolci agli insulti taglienti. Ma quando Rami mi presentò alla sua famiglia, qualcosa dentro di me mi suggerì di tacere. Forse era intuizione, forse curiosità. Così feci finta di non capire.
All’inizio, i loro commenti erano discreti. Sua madre sussurrò alla sorella: “Non resisterà quattro settimane a cucinare per lui”. Suo fratello scherzò: “Arriverà di corsa quando vorrà una vera donna”.
Sorridevo educatamente e fingevo di essere confuso ogni volta che ridevano alle mie spalle. Ma ogni parola che sentivo mandava in frantumi le loro maschere cortesi, non perché facesse male, ma perché rivelava esattamente chi erano veramente.
Rami non era meglio. In pubblico era affascinante, premuroso, il fidanzato perfetto. Ma in arabo rideva con i cugini e diceva cose tipo: “È carina, ma non è la più intelligente”. E io me ne stavo seduta proprio accanto a lui, fingendo di non aver sentito nulla.
In quel momento, decisi di non affrontarli subito. Volevo aspettare il momento perfetto, quello che non avrebbero mai dimenticato.
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